martedì 5 ottobre 2021

Una lettera aperta con tante domande

Riporto nel blog questa lettera arrivata alla mia attenzione, sarebbe bello ricevere delle risposte, così da inserirle qui di seguito e poter dipanare i molti dubbi che emergono con sincerità da queste parole.

Gentile Puer,
dopo aver osservato con attenzione i vostri piani ritengo che il vostro gruppo sia formato da tanti cuori italiani legati a cuori bielorussi, ognuno con la sua storia privata personale, cuori di mamme che anelano a cuori di 'propri' figli lontani.
Purtroppo noto che sembra non esserci grande interesse per il Paese, per la Bielorussia. Sembra che non si abbia voglia di trovare una strategia globale per risollevare la situazione. 
Mentre un bimbo bielorusso verrà salvato grazie al suo soddisfare il cuore di mamma italiano, intanto altri 7, 8, 9 non si sa dove stiano vivendo o che fine faranno.
Mi chiedo se non ci sia modo di essere d'aiuto per le case-famiglia affinché si possano far star bene tutti i dieci bambini là?
Non c'è modo di creare progetti che non vanno al singolo individuo ma che guardano alla condizione generale della popolazione?
Forse il mio spirito caritativo ha bisogno di dare da bere a un'intera tribù assetata, devo forse costruire pozzi d'acqua in Africa per intere comunità, forse con voi mi accorgo di c'entrare poco e mi dispiace moltissimo.
Si dice che:
- La Puer ha come missione l’applicazione delle energie strutturali ed economiche a sostegno delle realtà sociali precarie, ponendo particolare attenzione alla tutela dei minori in stato di disagio.
Come potete sostenere intere realtà sociali se chi compone Puer non si pone nemmeno domande riguardo la Bielorussia?
- Il fine della PUER, quindi, è quello di sostenere i bambini in difficoltà attraverso progetti umanitari di risanamento, prevenzione e tutela della salute sia in Italia che sul posto, favorendo iniziative mirate alla riqualificazione locale.
Riqualificazione locale: dove, per chi, con chi?
- L’iniziativa di sostegno umanitario, in questo senso, ha definito l’avvio di un processo intenso e profondo nella costruzione di un “ponte” fra le culture distanti fra loro solo per dimensioni territoriali.
Eppure sembra che di cultura bielorussa nessuno sappia parlarne.
Ognuno ha la sua bambina, ognuno ha il suo ponte privato. Un ponte dove alcuni soci non sanno nemmeno accompagnarti per una breve gita.

Altra cosa, come si può in 3 mesi di accoglienza dare al bambino ciò che gli sarà utile per la sua vita futura se non si ha interesse, né informazioni, né tanto meno potere sui restanti 9 mesi dell'anno?
Se è là che il bimbo cresce, allora è là che si forma ed è là che si sentirà a casa.
Come si fa a essere volontari di sostegno a bambini bielorussi senza interessarsi del contorno?
Sarebbe come essere volontari di un allevamento di cavalli quando si cresce per tutta la vita dei polli e si continua a comprare mangime per polli anche quando il puledro arriva in casa.

Mi dispiace, non voglio accusare e offendere nessuno, spero che i miei pensieri possano essere considerati osservazioni costruttive.
Un bimbo su dieci è già un bimbo in meno in mezzo ai guai, mi continua solo a dispiacere per gli altri 9 se nessuno sa che esistono o se a nessuno interessa se esistono e mi dispiace se quel puledro che è stato salvato dovrà rompersi i denti mangiando mais 3 mesi all'anno.

Come fate ad interagire con un paese chiuso come la Bielorussia?

Grazie per l'attenzione e la pazienza.